Il processo – Seconda puntata

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Il processo – Prima puntata

 

Il giudice Dessalier puntò la sua attenzione sull’imputato, cercando di capire se fosse pazzo, e in quel caso avrebbe richiesto una perizia, oppure se quel bel tomo si stava prendendo gioco di lei, e allora se ne sarebbe pentito amaramente, ma lo sguardo dell’uomo non era né divertito e né stralunato, anzi appariva sincero e aperto alla discussione. Se recitava era un maestro, ma con lei non l’avrebbe fatta franca, questo era il pensiero di Myriam Dessalier.
   – Vedremo, signor Kos, vedremo… Dunque la prima accusa è quella di accensione non autorizzata di materiali infiammabili. Cos’ha da dichiarare in proposito?
   – Che è vera, Vostro Onore.
   – Dunque lei si dichiara colpevole di questo reato?
   – No, Vostro Onore, sono desolato.
   – Ma se lei ha appena detto che l’accusa è fondata.
   – È vero, però non sono certo se quanto io ho commesso possa essere configurato come reato.
   – Questo, se non le dispiace, lo lasci giudicare a me. Mi dica piuttosto come sono andate le cose.
   – La faccenda è presto detta, avevo a disposizione del materiale combustibile solido di origine naturale, in buona sostanza qualche chilogrammo di legno, e l’ho acceso per ottenere un’ossidazione rapida, la quale ha generato del calore a una determinata temperatura. Tutto il processo era controllato e privo di rischi per l’ambiente e le persone estranee al processo.
   – Tutto qui?
   – Esatto, Vostro Onore, non ho fatto altro che accendere un piccolo fuoco nella mia proprietà. Ammetto che non avevo l’autorizzazione per farlo, ma non sapevo nemmeno che fosse necessaria un’autorizzazione del genere per sviluppare solamente una ventina di kilojoule a poco più di cinquecento gradi centigradi. Molte delle attrezzature domestiche hanno una potenza termica decine di volte superiore, ma noi non ce ne accorgiamo perché non sono dipendenti da una fiamma libera.
   – Come possiamo essere certi che un tale processo non fosse pericoloso?
   – I miei titoli di studio parlano per me, ma se avesse la compiacenza di ascoltare gli esperti dell’accusa, questi confermeranno che tali valori sono perfettamente sopportabili dai materiali attualmente in uso, e l’unico danno l’avrei potuto procurare a me stesso avvicinandomi troppo alla fonte di calore. Non essendo contemplati come reati il suicidio o la sofferenza autoinflitta, purché coperta da assicurazione, ritengo di non aver rischiato di violare alcuna legge specifica. Il caso contrario si dovrebbero perseguire tutti quei romantici che ancora si dedicano a quell’antica e perniciosa pratica del fumo di tabacco e di marijuana.
   – Ho capito, la prego di attendere.
Il giudice Dessalier si volse verso la zona della sua postazione dove apparivano i messaggi del collegio di accusa. Anche l’imputato poteva vederli, ma in genere a occuparsene erano gli esperti del collegio di difesa al fine di elaborare una tattica in grado di aiutare il loro assistito.
In questo caso apparve direttamente il volto di uno dei componenti del collegio, il quale si rivolse direttamente al giudice senza riuscire a tradire un certo imbarazzo. La comunicazione arrivava sull’impianto audio del giudice, mentre agli esperti della difesa veniva trasmessa una trascrizione in tempo reale.
   – Ehm, non siamo concordi su questo punto, effettivamente dobbiamo ammettere che sussistono dei margini di incertezza nell’interpretazione dei regolamenti antincendio.
   – Ebbene, era necessaria un’autorizzazione o no?
   – Probabilmente sì, ma solamente se l’azione non è sorvegliata e controllabile, ed è in grado di provocare gravi danni a cose e persone.
   – Lo era?
   – Sì, lo era per l’imputato se decideva di respirare solamente i residui gassosi della combustione. Ogni altra conseguenza dovuta al suo contatto con la fonte di calore, per quanto estremamente dolorosa, sarebbe stata curabile con un tempo di degenza minimo. Le attrezzature circostanti alla fonte di calore erano realizzate in varie leghe metalliche in grado di resistere a temperature ben più alte di quelle generate dal combustibile solido impiegato dall’imputato.
   – Mi aspettavo da voi qualcosa di più di un “probabilmente”.
   – Ci spiace, ma è la prima volta che ci troviamo ad analizzare una tale configurazione, e i valori di calore e temperatura non rientrano in nessuna delle categorie di utilizzo dell’energia termica.
   – Quindi, se ho capito bene, di norma un’autorizzazione specifica andrebbe richiesta, ma tale autorizzazione specifica non è prevista dalla norma.
   – Potremmo dire così.
Il giudice si rivolse all’imputato.
   – Ebbene, non so se ha sentito signor Kos, ma pare che la liceità di quanto lei ha commesso si presti a interpretazioni diverse. Mi riservo di approfondire i termini di applicazione delle norme riguardanti la realizzazione di fonti di calore non strutturate. Sta bene per lei, vuole aggiungere qualcosa?
   – No, Vostro Onore, sono soddisfatto del parere espresso dal collegio d’accusa.
Vorrei vedere il contrario, pensò il giudice Dessalier, e sono sicura che lui già sapeva a quali conclusioni, anzi sarebbe meglio definirle inconclusioni, sarebbero giunti i miei esperti. Devo stare attenta, i suoi modi sono cortesi oltre misura, quasi affettati, però ha la stessa imperturbabilità di uno spietato giocatore di poker.
   – Allora passiamo al secondo capo di accusa, collegato al primo, ovvero l’emissione nell’ambiente di sostanze potenzialmente pericolose. Era consapevole di ciò?
   – Lo ammetto, Vostro Onore, sono stati rilasciati nell’aria delle sostanze derivanti dai processi che stavo eseguendo nella mia proprietà.
   – Ah, bene, quindi lei si assume la responsabilità diretta di quanto riportato dall’accusa.
   – Non vedo come potrebbe essere altrimenti, però se Vostro Onore me lo consente, vorrei richiamare la Vostra attenzione sull’avverbio “potenzialmente” che con ineccepibile accuratezza è stato inserito nel rapporto.
   – Mi illumini, signor Kos.
   – Lo farò con estremo piacere, Vostro Onore. A quanto si sa, nonostante io abbia immesso nell’aria tali sostanze, nessuno ha subito danni, e voglio aggiungere che nemmeno ha rischiato di subirne. Concordo con l’accusa che, analizzate in laboratorio, tali sostanze risultino pericolose, ma a concentrazioni elevatissime, valori assolutamente irraggiungibili nel caso del mio processo di combustione.
   – Però lei non nega la loro pericolosità.
   – Non intendo assolutamente negarla, come pure non nego quella che è insita nell’energia elettrica, quella stessa che le sta utilizzando in questo momento. Se per un malaugurato caso, un errore, un guasto, invece di pochi millivolt arrivassero sui device tensioni di valore superiore, le conseguenze sarebbero terribili, fino a mettere a repentaglio la vita di chi fosse in contatto con quelle attrezzature.
   – Intende forse spaventarmi?
   – Lungi da me tale intenzione, Vostro Onore. Mi sono solamente permesso di rammentarle il fatto che ogni processo tecnologico è potenzialmente pericoloso, ma è solamente la competenza e l’attenzione a far sì che non lo diventi. Nel mio caso è assodato che non mancavano né l’una e né l’altra.
   – Ne convengo, lei risulta abbastanza qualificato, però non posso escludere a priori una perdita di autocontrollo.
   – Vostro Onore, si vorrebbe insinuare che io sia pazzo?
   – Allo stato non mi sento di pronunciarmi, ma le ricordo che questo tribunale può disporre l’effettuazione di qualsiasi esame ritenga utile alla definizione della verità processuale.
   – Che però potrebbe non essere la verità…
   – Signor Kos, non le consento tali insinuazioni! Il suo comportamento e le prove raccolte verranno analizzate con la massima obiettività possibile, e io come giudice ne sono il garante supremo. Non creda di impressionarmi con il suo linguaggio forbito, e già che ci siamo, la smetta di rivolgersi a me con quel desueto titolo, mi chiami semplicemente signor Giudice. Sono stata chiara?
   – Come il Sole, Vostro… signor Giudice.
Nonostante la sfuriata Myriam Dessalier era soddisfatta di come erano andate le cose. Finalmente aveva cominciato a capire qualcosa di quel tipo. Intravedeva sotto la scorza di persona perbene un cuore ribelle, incline alla disobbedienza, ovvero un personaggio, utilizzando un’espressione presente nei capi di accusa, potenzialmente pericoloso. Sapeva come trattare quei casi.
   – Andiamo avanti allora. La violazione di brevetto è un’accusa grave. Che ne dice signor Kos, secondo lei è abbastanza grave?
   – Sì.
   – E allora?
   – Signor Giudice, mi perdoni, non mi si accusa di violazione di brevetto, ma di abuso di brevetto, sono cose diverse.
   – Un abuso è comunque una sorta di violazione. A quanto vedo lei è biogenetista presso una grande azienda alimentare, e ha utilizzato la conoscenza di alcuni brevetti per scopi personali.
   – Se legge bene, signor Giudice, vedrà che “ero” un biogenetista in quell’azienda, ma appena sono stato indagato ne sono stato estromesso.
   – Direi che ne avevano tutto il diritto. Se risulterà innocente da questo capo d’accusa potrà richiedere il reintegro oppure una compensazione.
   – Avete perfettamente ragione, però al signor Giudice non pare strano il fatto che la stessa azienda non abbia posto in atto nessuna azione civile risarcitoria nei miei confronti?
Gli esperti dell’accusa si buttarono sui loro device per controllare la veridicità di tale affermazione, e dopo qualche minuto comunicarono al giudice il risultato delle loro affannose ricerche.
   – Mi risulta che effettivamente è così. Lei che spiegazioni si è dato, signor Kos?
   – La risposta sta nel capo d’accusa, ovvero nel tentativo di far coincidere i loro brevetti ottenuti grazie alle mie competenze con le competenze stesse. Potremmo dire che sono accusato di abuso di competenze. Mi spiego, le competenze sono mie, non dell’azienda, e le ho sviluppate grazie ai miei studi e al mio lavoro. Però il fatto che ciò sia avvenuto all’interno di quell’azienda sarebbe, secondo loro, motivo sufficiente per vietarmi il loro utilizzo in altre applicazioni.
   – Coperte da brevetto?
   – Assolutamente no, e nemmeno ho trafugato informazioni per lo sviluppo delle mie applicazioni. Diciamo così, le mie tecniche utilizzano processi paralleli a quelli brevettati, essendo io l’autore sia delle prime che dei secondi. In qualche punto coincidono, ma si tratti di contatti casuali in quanto fanno capo agli stessi principi della biogenetica e al mio schema mentale.
   – Ma allora perché questa grave accusa nei suoi confronti?
L’imputato non rispose immediatamente, si vedeva che andava ponderando le conseguenze della sua risposta, come se temesse che dall’esito di quella potessero cadere tutte le accuse oppure aggiungersene altre ben peggiori. L’uomo si alzò lentamente in piedi, sospirò, e finalmente rispose.
   – Perché hanno paura di me, paura per i loro brevetti, e vogliono bloccarmi.
   – Lei ha fatto un’affermazione molto grave, e spero che sia in grado di provarla.
   – Non ne ho la minima intenzione.
   – Scusi?
   – Scusi lei, signor Giudice, non intendevo essere sibillino. Ciò che voglio dire che l’azienda non aveva nessuno motivo di temermi, giacché mai sono stati in pericolo i loro brevetti. Io ero, sono e sarò l’unico destinatario di quei cosiddetti abusi, sono pronto a notificarlo ufficialmente. Se venisse dichiarata ammissibile l’accusa dell’azienda si aprirebbe la porta alla possibilità che ci si possa appropriare delle competenze e dell’intelligenza di un individuo.
   – In effetti, sotto questa luce, se le cose stanno così l’azione della sua ex azienda apparirebbe temeraria, ripeto, se le cose stanno come lei dice, e mi riservo di verificare.
   – Non chiedo di meglio, signor Giudice.
   – Signor Kos, in questo vasto panorama di reati, vedo che lei è accusato di due comportamenti collegati, non conformità all’etica e maltrattamento di animali. Lei ha degli animali da compagnia, e se sì, quali?
   – Sì, io ho, ehm… avevo degli animali, ma non so se sia possibile definirli da compagnia.
   – E come vorrebbe definirli? Sa bene che l’altra tipologia di animali vive nelle aree protette, le quali sono tutte ben sorvegliate per impedire l’accesso a chi non sia impegnato in qualche ricerca naturalistica, e anche in quei casi si si sposta sotto sorveglianza continua.
   – Vero, però fino a un secolo fa esisteva una terza tipologia di animali, che non erano selvaggi e non erano da compagnia, erano animali utili.
   – Signor Kos, cosa intende con “utili”?
   – Venivano mangiati.

Continua…

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