Europresa per i fondelli

Oggi mi va di riesumare un vecchio post pubblicato molto tempo fa su una piattaforma social che oggi è solamente lo zombie di ciò che un tempo era uno spazio vivo e vivace. Ho portato solamente qualche aggiornamento tecnico, più che altro un adeguamento ai tempi, ma per tutto il resto le situazioni che descrivo mantengono la loro lacrimevole attualità.

Accordatemi una breve premessa.
Se non sopportate i termini tecnici, se la fisica e la chimica a scuola vi hanno segnato dolorosamente e non intendete riaprire quelle ferite, se i programmi di divulgazione scientifica vi procurano l’orticaria, se non intendete annoiarvi, lasciate pure perdere e passate a qualcosa di più dilettevole, avete tutta la mia comprensione.
Ai temerari, ai masochisti e ai troppo curiosi che arriveranno al termine di questo scritto consiglierei, per un ragionevole intervallo di tempo, di non avvicinarsi a una finestra che dà sulla pubblica via, in quanto potrebbero avvertire un irrefrenabile impulso di gettare dabbasso qualche oggetto contundente. Essere citato in tribunale per istigazione a delinquere non è tra le mie priorità.
Voglio raccontarvi una cosa che è ben nota a tutti gli esperti di motoristica, ma che viene artatamente celata alle orecchie del pubblico.
Come saprete sicuramente, da qualche anno ci stanno spappolando gli zebedei con la storia che è “cosa buona e giusta” acquistare un’automobile nuova. Quei capolavori della scienza e della tecnica sarebbero molto meno inquinanti dei catorci che ci hanno rifilato fino a poco tempo fa. Sono così perfetti ed ecologici che non c’è più neanche la speranza di suicidarsi con i gas di scarico.
C’hanno ormai fatto perdere il lume della ragione con ‘sta faccenda dell’Euro6, Euro7, Euro8, ecc.
Insomma, dopo aver tolto il pane di bocca ai figli, aver portato al Monte di Pietà tutte le cose di valore, avvelenato il futuro impelagandosi in una filza di rate a tasso zero (apparente), e tutto solamente per comprare una vetturetta dignitosa, questi qua cosa ti combinano? Scopri che il tuo gioiello, uscito in pompa magna dall’autosalone solo pochi mesi fa, è stato declassato per legge a fumigante trattore. Che jella, per un solo numerino capita di essere messi all’indice come i massimi responsabili dell’inquinamento planetario, malefici untori ai quali urge vietare la circolazione sulle loro venefiche quattroruote.
Meno male che ci sono sempre sconti e incentivi per acquistare i nuovissimi modelli Euro666… , e siamo daccapo.
Di tutti questi progressi in omaggio all’ecologia non è che se ne avvertano immediatamente gli effetti straordinari, però i costruttori si stanno impegnando per far apparire le nuove automobili innocue quanto una caramella alla menta. Fateci caso, più di qualche casa automobilistica ha adottato il suggestivo espediente di nascondere il tubo di scarico; occhio non vede, cuore non duole…
Sospendiamo il giudizio sulla reale efficienza degli attuali sistemi di abbattimento degli inquinanti e andiamo al nocciolo del problema: il motore, o per essere più precisi, il motore a combustione interna.
Va chiarito subito che tutta l’energia necessaria a muovere quel complesso di pistoni, bielle, collo d’oca, camme, valvole, ingranaggi, ruote e ammennicoli vari che hanno l’ingrato compito di scorazzarci, proviene da una combustione molto rapida, anzi esplosiva, che si verifica all’interno del motore. Questo accadimento detonante è tutt’altro che eccezionale in quanto si verifica migliaia di volte al minuto (o decine di volte al secondo, come preferite).
Supponiamo che siate i felici possessori di un’utilitaria (oggi nobilitate da termini tipo “compatta” o “city car”…) dotata di un motore a benzina (verde, of course) di 1100 o 1200 centimetri cubici (cc), a 4 cilindri: un classico.
A quelli che non hanno molta dimestichezza con le unità di misura, svelo ora che 1100 cc corrispondono a 1.1 litri.
Tralascio le dettagliate spiegazioni sul funzionamento del propulsore a ciclo Otto (avverto un generale sollievo); mi si voglia credere quando affermo che a ogni giro del nostro motore a 4 cilindri, in uno di essi avviene quel botto esplosivo che, assieme ai successivi, concorre a creare il classico “rombo” tanto caro alla retorica futurista. Ora, facendo un po’ i conti della serva, se 1.1 litri è la capacità totale del nostro propulsore, in un cilindro ci starà poco più di un 1/4 di litro, ovvero un bel bicchierozzo.
Siccome “con nulla si ricava nulla”, per ottenere quella mirabile esplosione dobbiamo immettere nel cilindro, ogni decimo di secondo, un quarto di litro di “qualcosa”. In cosa consiste questo “qualcosa”?
Cominciamo allora ad addentrarci negli oscuri misteri della chimica, ma cominciamola facile: nella ricetta della combustione i due ingredienti principali sono il combustibile e il comburente.
Quando andate a fare il pieno versate nel serbatoio il combustibile, e immagino già sappiate che si tratta di volgarissima quanto carissima benzina.
Il comburente viene invece fornito gratuitamente dal globo terracqueo dal quale tutti dipendiamo, si tratta dell’aria, della comunissima aria che respiriamo e dalla quale dipende la nostra esistenza grazie a quel 20% di ossigeno presente nell’atmosfera. Togliete l’aria al fuoco ed esso muore, proprio come una persona (il paragone dovrebbe far riflettere in seguito).
Quindi, no aria no parte (il motore). Ma di quanta aria ha bisogno la nostra autovettura?
Tenetevi forte perché sto per calare il carico da undici, un termine tecnico di quelli tosti: rapporto stechiometrico.
Mi si conceda un piccolo inciso.
Pregherei gli esperti alchimisti di non venire a scassare i cabasisi con la storia che bisogna parlare di moli e non di pesi, volumi e capacità. Lo so, avete perfettamente ragione, sarebbe più corretto, ma nessuno seguirebbe più il discorso. Ricordatevi che il meglio è nemico del bene.
Grazie.
Torniamo a bomba.
Per ottenere la massima efficienza è auspicabile conseguire una combustione perfetta, quella dove tutto il combustibile viene bruciato con il minimo di comburente possibile, nelle condizioni di pressione e temperatura predefinite.
Questo rapporto ottimale tra i due elementi della combustione viene definito “stechiometrico” ed è rappresentato dalla lettera greca “lambda“. Se viene immessa troppa aria, la carburazione viene definita “magra”; in caso contrario, se viene immesso troppo combustibile, allora siamo in presenza di una carburazione “grassa”.
Quali sono gli inconvenienti più comuni che si presentano?
Nel caso di carburazione “magra” si avverte un deprimente calo di potenza, e, nei casi più gravi, un innalzamento della temperatura della fiamma con conseguente surriscaldamento di alcune parti delicate (e molto costose) del propulsore.
Ricordo che in epoche lontane, quando le macchine non erano ancora dei computer semoventi, alcuni scaltriti meccanici “smagrivano” un po’ il motore per far passare il collaudo a emerite caffettiere, ma si trattava di pochi minuti di sofferenza in cambio di un rinvio della sentenza capitale.
Il suo opposto, la carburazione “grassa”, porta inevitabilmente a un aumento dei consumi, uno sporcamento della zona interna del cilindro e il pericolo di emissione dallo scarico di carburante non completamente combusto.
Questa seconda eventualità comporta delle conseguenze non sempre prevedibili, comunque mai auspicabili, almeno nelle autovetture che hanno meno di trent’anni. Infatti l
a benzina incombusta, prima di essere espulsa dall’ano della nostra meravigliosa autovettura, transiterà inevitabilmente attraverso la marmitta catalitica, con il disdicevole effetto di danneggiarla irreparabilmente.
Il danno è duplice: privi dell’effetto filtrante garantito dalla marmitta catalitica immetteremo nell’ambiente i pericolosissimi componenti che rendono così “verde” la benzina, e poi, resi consapevoli della frittata al collaudo successivo, dovremo accollarci obbligatoriamente i costi di sostituzione della marmitta catalitica (e non sono bazzecole). Per cercare di evitare questo funesto evento si è reso necessario controllare perfettamente la carburazione e la conseguente combustione, cercando di mantenere ottimale il rapporto “stechiometrico”, anche utilizzando un sensore denominato, indovinate un po’, sonda “lambda”.
Quelli ancora svegli si chiederanno il motivo di questa escursione tecnologica.
Nessuno, se non quello di dimostrare l’impossibilità di modificare i valori che riporterò nelle righe successive.
Passiamo alle cifre.
Nel motore a benzina servono 14.7 chilogrammi di aria per bruciare 1 chilogrammo di benzina.
Nei Diesel ne bastano 14, al GPL ne servono 15.7, il metano è il più asmatico perché necessita di 17.4 chilogrammi di aria.
I famosi carburanti “drogati” contengono etanolo che ha bisogno di 9 chilogrammi di aria e il metanolo che si accontenta di 6.5 chilogrammi di aria.
In soldoni, a parità di cilindrata, se ho bisogno di più aria rimarrà meno spazio nel cilindro per il carburante. Per questo motivo i motori standard alimentati a GPL sono un po’ più fiacchi, mentre i dragster con etanolo o metanolo hanno tanta di quella potenza da far esplodere tutto il propulsore in un fantasmagorico fuoco d’artificio.
La nostra utilitaria ha bisogno quindi di 14.7 chilogrammi di aria per ogni chilo di benzina che brucia.
Il peso specifico della benzina verde va da 0.72 chilogrammi/litro a 0.77 chilogrammi/litro, una media circa di 0.75 chilogrammi/litro.
Quindi, calcolatrice alla mano, per bruciare 1 litro di benzina servono 14.7 x 0.75 = 11.025 chilogrammi di aria, facciamo 11 chilogrammi, tanto per arrotondare.
Sul livello del mare, il peso specifico dell’aria è di circa 1.2 chilogrammi/metrocubo, per cui, facendo un semplice calcolo, 0.833 metri cubi di aria pesano un chilo.
Avevamo detto che abbiamo bisogno di 11 chilogrammi di aria per 1 litro di benzina, quindi 11 x 0.833 = 9.16 metri cubi di aria per bruciare 1 litro di benzina.
Ancora qui?
Bravi!
Facciamo, come per le angurie, un tassello; prendiamo uno spezzone di un chilometro di una via del centro, 4 corsie perennemente trafficate, spazio medio tra le auto 10 metri: fanno 400 veicoli in costante funzionamento. Oggi sono uscito pazzo e mi voglio rovinare, sono pure tutte autovetture identiche alla vostra ecologissima vetturetta; scomparsi come per incanto tutti i bolidi, i SUV, gli autocarri e le petroliere ambulanti.
Tra code, semafori, pedoni che passano col rosso, furgone che scarica in seconda fila e il solito imbranato che dorme al volante, ipotizziamo ottimisticamente una velocità media di 30km/h e un consumo del 7% (7 litri di benzina per percorrere 100 chilometri).
Un’automobile che “sfreccia” a 30km/h ci mette ben 2 minuti per transitare da un capo all’altro del nostro tassello lungo 1 chilometro.
Durante quel singolo chilometro ha bruciato 7 : 100 = 0.07 litri di benzina. Ma le vetture sono 400 e tutte assieme hanno consumato 0.07 x 400 = 28 litri di carburante e per farlo hanno dovuto utilizzare 28 x 9.16 = 256.48 metri cubi di aria in 4 minuti di percorrenza tra la prima e l’ultima, e hanno sequestrato tutta l’aria presente in un appartamento di 85 metri quadrati, restituendo solo dei gas irrespirabili per l’uomo.
In soli 4 (quattro) minuti!
Tale, non so come chiamarlo, avvelenamento preterintenzionale, furto d’aria, suicidio inconscio, fate voi, insomma tale infamia si ripete 180 volte in una giornata di 12 ore. Per darvi un’idea più concreta potreste immaginare in quel singolo chilometro del centro città la presenza di 5 condomini di 9 piani con 4 appartamenti per piano, e ogni santo giorno verrebbe mortalmente inquinata tutta l’aria respirabile a disposizione di quelle abitazioni (e relative persone ivi rersidenti)
Hai voglia di filtri antiparticolato, marmitte catalitiche, auto a metano o GPL; sono solamente palliativi. Quando si brucia qualcosa, qualsiasi cosa, si mangia ossigeno, l’unico ossigeno libero che abbiamo a disposizione sul nostro pianeta, e per che cosa? Per portare a spasso i nostri culi pesanti.
Non è finita qui.
Stabilita l’oscenità di quella scelta tecnologica, fosse almeno realizzata bene: macché, neppure una magra consolazione! Oltre il danno, la beffa.
Il motore a benzina, nel migliore dei casi, ha un rendimento utile del 28%. Per fare una similitudine, è come se in banca depositassi 100 Euro e ne potessi ritirare solo 28. Solamente un pazzo si sognerebbe di aprire un conto corrente in un tale istituto di credito.
Spiegazione.
Per ogni 100 Watt potenziali del motore solo 28 Watt sono utilizzabili per la trasmissione del movimento. Se poi sommiamo le perdite di rendimento dovute alla trasmissione e ai meccanismi accessori , si arriva poco sopra il 20%. Il resto dov’è finito? Tra combustione e attriti vari, 80% della potenza del motore è andata dispersa sotto forma di calore (altrimenti a che serve il radiatore?).
Direi che non è proprio il caso di deridere quelli che fanno la fila per andare a vedere i film di Harry Potter: lui vola su una scopa, ma quella almeno non inquina, noi invece andiamo in giro a cavallo di una stufa, e ce ne vantiamo pure.
Sento già vociferare che qua si sta facendo del facile terrorismo neoluddista.
Lungi da me ogni intenzione di demonizzare il progresso tecnologico.
Esso oggi ci consente di ricavare fantascientifici chip di silicio dallo stesso materiale dal quale i nostri lontanissimi progenitori sbozzavano le prime rudimentali selci; mi sembra innegabile che di passi in avanti da allora ne siano compiuti, e che se ne godano i benefici. Se proprio volessimo essere terrorizzati, in alternativa disponiamo di un’ampia rosa di possibilità: le riserve idriche di acqua dolce (bevibile) sono sempre più esauste e inquinate, la sovrappopolazione è una marea inarrestabile che sommergerà tutto e tutti, religiosi integralisti fanno a gara per procacciarsi armi atomiche o equipollenti con le quali diffondere il “loro” sacro verbo in ogni dove, allevamenti intensivi di bistecche sono uno sterminato ecosistema perfetto per la genesi di virus sempre nuovi e mutevoli (24 ore “umane” corrispondono a cinquantamila anni di storia evolutiva di un virus), per non parlare di asteroidi e meteoriti, sempre in agguato dallo spazio profondo e contro i quali non abbiamo difesa alcuna, e mi fermo qui perché oggi mi sento ottimista.
Scopo di questa dissertazione è stato unicamente quello di togliere dei veli e palesare alcuni aspetti poco piacevoli di un oggetto tanto comune e tanto ignoto.
Quando scorrerete le pagine patinate di un magazine di successo o siederete in panciolle davanti al vostro televisore ad alta definizione, osservate con occhio un filino disincantato le fascinose pubblicità delle case automobilistiche. Esse vi suggeriscono l’ebbrezza di una cavalcata su di un Pegaso abbagliante di cromo e acciaio, e già vi vedete, novelli Bellerofonte, dominare strade sempre vuote che si insinuano con movenze feline tra paesaggi mozzafiato; vi garantiscono il sorriso anche con i denti che non avete, una famiglia felice, una vacanza infinita, e un nuovo amore intrigante.
Peccato che, al contrario del mito greco, sia Chimera ad averla vinta, sempre; perché di questo si tratta, pura illusione.
Per non finire nelle le fauci infuocate della mitologica belva, sarà il caso di ricordare a noi stessi che stiamo ammirando una versione meccanizzata dello strangolatore di Boston, una sanguisuga insaziabile, un perfido aspirapolvere, un marchingegno fumigante, qualcosa da maneggiare con attenzione e da utilizzare con parsimonia.
Perché, se è fuori discussione che l’automobile sia utile, risolutiva, talvolta indispensabile come un medicinale a un infermo, parimenti al farmaco fa bene per una cosa e male per altre cento, e come qualsiasi medicina andrebbe presa solo quando serve.

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