Ecco, abbiamo tirato giù l’impalcatura. Si può dire il grosso dei lavori sia terminato, così finalmente mi sono potuto allontanare da matite e mattoni, pannelli e pennelli, fili e filetti, cementi e cimenti, converse e convertitori, gradini e grondaie, tavole e tavelle, bugnato e cugnato, tracce e trecce, paline e perline, secchi e sacchi, cappe e coppi, cazzuole e cazzate, e mi sono immerso nel verde, che quasi quello stentava a riconoscermi.
Il risultato è questo.
Versi di verdi diversi
Verdi neonate di marzo
dal bianco suolo spuntate
per fare sberleffi al cielo
corrusco ma di oscuro domani.
Pazzia di pallido rosa
promessa di piccoli cuori
resterebbe solo un abbaglio
senza le verdi operaie.
Ogni ramo è un libro
di nuove pagine verdi
e ogni riga è una storia
scritta con penna di luce.
Verdi le agute sorelle
amiche di mari e di monti
delle stagioni il fuggire
negano l’atroce inganno.
L’uomo in una bolla lontana
azzurro vide il pianeta
dal quale vogliamo fuggire
perché verde era l’Eden.
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