We Are the Champions

La Corte penale internazionale, la cui sede si trova nei Paesi Bassi, a DenHaag, ha competenza sui gravi crimini contro l’umanità e, secondo me, prima o poi potrebbe capitare che si apra un procedimento contro l’attuale governo inglese, Mr Boris Johnson in testa.
Posso capire che questa nuova pandemia scatenata dal Covid-19 ci abbia colto alla sprovvista, anche se si poteva prevedere che prima o poi da qualche parte, e da quella in particolare, sarebbe nato qualche virus difficile da affrontare. Di ciò non possiamo accusare la malasorte, intendiamoci, bensì dovremmo valutare meglio quelle scelte macroeconomiche che privilegiano lo sfruttamento intensivo di piante e animali (non esclusi i bipedi implumi) in funzione della massima redditività.
Trovo ovvio inoltre che, in conseguenza di un impietoso stillicidio di tagli al nostro sistema sanitario pubblico, manchino ora tutte le risorse per poter affrontare al meglio delle nostre possibilità farmacologiche questa nuova minaccia. Purtroppo sappiamo bene che la chiusura di una struttura ospedaliera non genera il clamore mediatico della chiusura di uno stadio di calcio, e spero che questa pandemia ci obblighi a riconsiderare le nostre priorità.
Non meno comprensibile è una certa schizofrenia che si manifesta in questa situazione, con rassicurazioni e allarmismi che si alternano come il tic e il tac dell’orologio, il che genera un certo fatalismo che scivola nel rifiuto della realtà. All’opposto, più di qualcuno si lascia andare a comportamenti assurdi dettati dal panico e dalla necessità di fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di autoconvincersi di potersi salvare, come, per esempio riempire un treno o un autobus per trasferirsi in zone dove l’assistenza medica specializzata è, a esser buoni, poco omogenea e non capillare.
Insomma, per farla breve, questa pandemia porta alla luce i nostri pregi e difetti, a tutti i livelli, da quelli più alti dove c’è chi si sta cercando il bandolo di una matassa più grande di lui, mentre altri politici non perdono occasione di far campagna elettorale, fino a quelli più bassi, dove stiamo noi, tra gli egoismi sospettosi di chi barrica dopo aver fatto scorte di cibo, amuchina e mascherine per dieci anni, e il sostegno reciproco, morale e materiale, offerto senza che ci sia bisogno di chiedere.
Si potrà allora ben capire come sia rimasto scandalizzato (basito, rattristato, disgustato) dalla decisione del governo inglese di non prendere nessuna misura preventiva contro la diffusione del coronavirus.
C’ho pensato un po’ su, indeciso se fossi di fronte a ignoranza, supponenza, indecisione, oppure se stessi assistendo a un’ammirevole quanto rovinosa manifestazione di british aplomb, mentre invece la risposta stava nel più prosaico dei motivi: il denaro.
Tra gli economisti di entrambe le coste della Manica è opinione comune che la Brexit porterà al Regno Unito (presto disunito) dei costi economici valutati in centinaia di miliardi (Sterline o Euro è uguale), oltre naturalmente ai costi sociali dovuti all’aumento della disoccupazione e al peggioramento della qualità della vita, perlomeno per i ceti popolari.
Forse nel lungo termine questa tendenza si invertirà e, sempre forse, si vedranno quei benefici che i fautori del divorzio dall’Europa hanno profetizzato, ma allo stato attuale il conto da pagare è abbastanza salato. Il problema del governo di Boris Johnson è trovare qualcuno che lo paghi, o perlomeno che se ne accolli una bella fetta, in modo da non deprimere il mercato finanziario londinese.
Ecco allora che il Covid-19 è arrivato nel momento giusto, ovvero, se i sudditi di Sua Maestà Britannica non fossero assolutamente refrattari alla buona cucina, oserei dire come il cacio sui maccheroni.
Sir Patrick Vallance, una delle due massime autorità mediche del governo di Boris Johnson, si è chiaramente espresso così: Il 60% dei britannici dovrà contrarre il Coronavirus per sviluppare l’immunità di gregge.
Bene, a parte il fatto che “gregge” è la parola più adatta per definire quella massa di brexioti che ha votato per Johnson, si tratta di una posizione assertiva, doppiamente fastidiosa, e mi spiego.
Primo. Costoro, pur comprendendo i nostri timori e le nostre conseguenti azioni, affermano con altezzosa sicumera che, come al solito, loro sono meglio di noi, sono più intelligenti, più ragionevoli, più distaccati (in tutti i sensi).
Secondo. Il fatto che nessuno ancora c’abbia capito un granché di questo nuovo virus, che non si conosca con precisione il suo livello di contagiosità, tempo di incubazione compreso, che non si abbia la certezza di quali altre complicanze possa scatenare, che non abbiamo a disposizione un vaccino e, se mai esisterà, magari in futuro il virus sarà talmente mutato nel frattempo da renderlo inefficace (come capita con la solita influenza stagionale), e se soprattutto esiste veramente un’immunizzazione naturale dopo la malattia in grado proteggere gli individui da una ricaduta, dovrebbe indurre a maggior prudenza.
Basterebbero questi dubbi per far recedere il governo di Londra dalla sua scellerata decisione. Purtroppo “pecunia non olet”, nemmeno di cadavere.
Secondo i calcoli di quei macellai, il 60% della popolazione britannica si ammalerà, e sono circa 36 milioni di persone. Considerando la mortalità attuale al 4% si parla di un milione e mezzo di morti, quattro volte il numero di vittime inglesi nella seconda guerra mondiale.
Queste cifre valgono se il sistema ospedaliero tiene, perché anche la sanità pubblica del Regno Unito ha subito vigorosi colpi di accetta, senza distinguere tra boscaioli conservatori e laburisti. Se così non fosse, se non si riuscissero a curare le conseguenti complicanze polmonari, se fosse impossibile isolare adeguatamente i contagiati, le cifre che ho esposto sopra sarebbero il prologo di una catastrofe popolare.
Ho scritto proprio così, “popolare”, perché sarebbero i ceti popolari a soffrirne le peggiori conseguenze, e tra quelli proprio i più indifesi, i senzacasa, i disoccupati, i lavoratori precari, e, per meriti di età, gli anziani, quest’ultima la fascia di popolazione che è più soggetta ad ammalarsi gravemente.
Bene, deve aver ragionato Boris Johnson, ovvero “tanto peggio tanto meglio”, nel senso che si leverà dalla circolazione una massa improduttiva, anzi peggio, costosa, in quanto, oltre a ricevere pensioni e sussidi, quei parassiti si ostinano a non premunirsi di un’assicurazione medica privata, e con i loro comportamenti indolenti costituiscono un insopportabile disdoro per l’immagine rampante e vittoriosa del nuovo Regno Unito post-Brexit.
Sai che ti dico Johnson? Ecco, giunti a questo punto meno male che c’è la Brexit, perché i nostri governanti saranno pure dei nani supponenti, ma almeno non sono la reincarnazione di Jack lo squartatore, e suppongo (e forse spero) che per un po’ l’Europa guarderà ai britannici come un tempo si temevano i lebbrosi, e vi confini nel vostro ridanciano lazzaretto. Bada Boris, se oggi tornasse in vita il tuo compatriota John Donne sarebbe talmente schifato che prenderebbe la tua testa e la userebbe come battacchio per far suonare quella famosa campana.
Cari amici d’Oltremanica, già ho avuto modo, in tempi più o meno recenti, di esprimere alcune salaci osservazioni sulle bizzarrie anglosassoni, oppure sulla propensione a non volervi godere gli aspetti migliori la vita, voi preferendo un lento suicidio fatto di profitti, alcol e cibi scadenti, ma stavolta, col governo omicida che vi siete liberamente scelti, non vi resta che cantare per farvi passare il magone.
Sì, cantate, cantate, cantate “We Are the Champions”, degli stupidi!

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