DISK BOOT FAILURE, INSERT SYSTEM DISK AND PRESS ENTER

Vista l’allegria che contraddistingue il periodo che stiamo vivendo (almeno i più fortunati, cioè quelli che stanno vivendo), mi è parso più che opportuno riproporre al “vasto” pubblico questo racconto a suo tempo (tempo migliore di questo, senza dubbio) inserito in My3place.

 

DISK BOOT FAILURE, INSERT SYSTEM DISK AND PRESS ENTER

Ci saranno trenta gradi in casa, ma sento egualmente un brivido di freddo arrampicarsi su per la colonna vertebrale, arrivare alla nuca e infine gelarmi il cervello.
Cerco di mantenere la calma, e intanto mormoro tra me e me.
– Non sarà niente di grave, i soliti casini di Windows. Adesso riavvio e va tutto a posto, come sempre.

Spengo il computer; aspetto una decina di secondi; butto un po’ di fiato nei polmoni; riaccendo; aspetto; un breve bagliore del monitor, e poi:

DISK BOOT FAILURE, INSERT SYSTEM DISK AND PRESS ENTER

Riprovo ancora una volta; ancora niente. Rinuncio.
Ecco fatto, ora è capitato a me di ritrovarmi col PC bloccato. Già altre volte l’ho sentita questa storia, e sempre ho compatito la vittima del crash informatico, ma non più di tanto, considerandola corresponsabile per quell’incresciosa esperienza. La mia fede nella tecnologia era incrollabile.
– A me non può capitare, sto molto attento a cosa faccio girare nel computer, e poi ho un prodotto di marca, mica un giocattolo come quella roba là…

Rifletto sul da farsi. Più di spegnerlo e riaccenderlo il PC non so che fare in questo frangente, non sono un tecnico informatico, perciò non ho idea di come funzioni e nemmeno di come sia fatto dentro il mio computer, ergo, serve il parere di un esperto. Prendo agenda e telefono.
Dopo mezz’ora di spiegazioni, domande, istruzioni, richieste di chiarimento, tentativi a vuoto, consigli e promesse di futuro interessamento, mi ritrovo punto a capo:

DISK BOOT FAILURE, INSERT SYSTEM DISK AND PRESS ENTER

Che rabbia, che amarezza, e che fatica. Da quel poco che ho compreso, perché la massima parte di quel che mi è stato detto al telefono è stato e rimarrà oscuro, sembrerebbe che non ci sia altro da fare se non cercare di ripristinare il computer nello stato nel quale mi è stato venduto, ovvero pressoché vuoto, e poi tornare a inserire i dati salvati nel backup. Grande comodità quella del backup, un vero peccato che il mio risalga a una settimana fa, quindi gli ultimi sette giorni di lavoro andrebbero persi. Si potrebbe anche cercare di recuperare gli ultimi dati mandando il tutto in un laboratorio specializzato, ma ci vorrà del tempo, e parecchi soldi.
A quanto pare, questi nuovi computer portatili, così sottili, così eleganti, così leggeri, sono anche delicati e difficilissimi da riparare, e la loro fragilità è direttamente proporzionale alla potenza di calcolo e di memorizzazione, qualsiasi sia la marca, blasonata o meno.
Ad averlo saputo prima avrei risparmiato dei bei soldi…

Depressione. E stanchezza.
Non è per il computer, è ancora in garanzia, ma per quello che c’era dentro, anzi che c’è ancora, che è mio, ma che non ho modo di recuperare, come un debito ormai inesigibile, un assegno a vuoto staccato da un truffatore già in fuga.
Per tre giorni, fino a ieri notte, ho pestato furiosamente sulla tastiera, vivendo quasi esclusivamente di caffè, lattine di bumba e gelato, se si escludono un paio di pizze ordinate per telefono. Ma con che risultato!
Le frasi mi saltavano su, pronte, come spinte da una molla carica; il filo della trama si svolgeva in direzioni inaspettate costruendo una perfetta rete di coincidenze sorprendenti; i personaggi trovavano spessore e divenivano inconfondibili, quasi sentivo le loro voci; vocaboli che mai ricordavo di aver imparato trovavano la casella giusta per impreziosire il testo; e il ritmo poi, mai un attimo di respiro, un crescendo inarrestabile, fino al colpo di scena finale, inaspettato e definitivo.
Ecco, proprio ora che, ne ho la certezza assoluta, ero riuscito a scrivere un racconto degno di essere pubblicato, un testo che nessun editore avrebbe rifiutato, ecco che una maledetta macchina me lo sottrae, al pari di un ladro che ti entra in casa e porta via le cose alle quali eri più affezionato.
– Maledetto PC di merda!

Vado nel ripostiglio e, con cautela, tiro giù uno scatolone. Dentro c’è il mio vecchio computer, un piccolo monitor LCD, la tastiera e il mouse.
Collego i cavi e lo accendo.
Parte.
Bene, molto bene, almeno questo funziona.

Lancio il programma di videoscrittura, ma è lento, ci mette una vita a caricarsi. Ecco cosa succede quando ci si abitua troppo bene, anche dieci secondi sembrano troppi.
Siamo pronti, io e il computer.

Guardo il monitor, lo sfondo bianco, le icone grigie, e aspetto. Le dita sono pronte a danzare sulla tastiera, a far riemergere dalla mia memoria quelle vivide parole che avevo così ben intrecciato solamente poche ore prima.
Niente.
Mi abbandono sullo schienale della poltroncina e attendo. Attendo. Attendo.
Niente da fare. Mi sento vuoto e stanco. E’ strano, in fondo dovrei ricordarmelo il racconto, eppure è come se l’avessi cancellato dalla mente, come se mi fossi limitato a essere un dattilografo, o meno ancora, la sua stupida macchina da scrivere.

Non mi arrendo. Ingoio una pillola, l’ennesima, contro la mia spossatezza persistente. Il mio medico dice che lavoro troppo di notte, oppure che non curo la mia alimentazione, che forse sono carente di calcio, o forse ho la glicemia bassa, e tra tutti quei forse mi ha prescritto quel medicinale ricostituente, vitamine, sali, roba del genere, in attesa dei risultati degli esami. Dubito che l’abbia azzeccata stavolta, non mi servono a niente.
Riprovo a scrivere e butto giù alcune frasi, quelle che mi ricordo meglio, ma non riesco a sistemarle in una trama decente. C’è un assassinio, che poi non è neanche tale, ma cos’era? Uno dei sospettati dovrebbe essere un testimone chiave. Perché? Ricordo che alcuni fatti si ripetevano, identici ma distanti nel tempo e nello spazio, per sconcertare i personaggi e il lettore, ma non riesco a spiegarmi come lo giustificavo.
Tranne quelle poche frasi senza senso, non riesco a digitare altro, è come se, invece di scrivere, in questi ultimi tre giorni avessi effettuato un travaso dalla mia testa alla pagina, e adesso sono una bottiglia vuota. Vuota e stanca.
Chiudo il programma di videoscrittura, senza salvare. Spengo il vecchio computer. Pazienza, aspetterò, che mi torni la memoria, che mi riparino il computer, che ritrovino il mio racconto in quel maledetto disco fisso. In fin dei conti si tratta di una questione di tempo, e qualche settimana non farà la differenza.
Mi arrendo, alzo bandiera bianca. La guerra è finita, ma provo ancora una volta ad accendere il mio modernissimo portatile. Chissà, forse anche lui, sentendosi ormai vittorioso, ha sotterrato l’ascia di guerra.

DISK BOOT FAILURE, INSERT SYSTEM DISK AND PRESS ENTER

– Vaffanculo!
Questa testarda macchina mi impedisce di avere il successo che attendo da anni, fa resistenza, mette i bastoni fra le ruote, mi sta fregando, mi sta uccidendo. Quel racconto è l’unica cosa a cui tengo veramente!

Allora, visto che per oggi non ho altro da fare, tanto vale che faccia una scappata dal medico. Queste dannate pastiglie non funzionano, ho bisogno di qualcosa di più forte, di diverso, qualcosa che faccia veramente effetto; ormai anche fare un paio di rampe di scale mi lascia senza fiato, e il caldo o il freddo non li sopporto più. Lo so, è anche colpa mia: mangio poco e male, e di fare dello sport nemmeno a parlarne. Non è che poi sia diventato grasso, anzi c’è anche chi mi fa i complimenti per la linea, ma non è merito mio, semplicemente è da bel un po’ che non ho più fame. E dormo poco; saranno i litri di caffè, le sigarette, saranno quelle bevande rivitalizzanti, sarà l’ansia per un futuro che a trent’anni già mi si presenta privo di attrattive e colmo di solitudine, ma non riesco a dormire più di tre o quattro ore filate.
Beh, vado.
Sono nello studio del medico. E’ una brava persona, un medico all’antica, non il solito camice bianco che ti imbottisce di farmaci per levarsi il pensiero. E mi vuole bene. Mi aspetto la solita paternale, sul mio stato di salute, sulla mia vita sregolata, sulla prevenzione, su come sarò fra qualche decina d’anni, sul fumo, sul bere, sullo stress.
E invece no.
– Ho appena ricevuto i risultati dei tuoi esami. I globuli bianchi sono alle stelle, e poi c’è dell’altro. Hai la leucemia, mi dispiace.

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2 thoughts on “DISK BOOT FAILURE, INSERT SYSTEM DISK AND PRESS ENTER

  • un racconto che in questi tempi di quarantena dovrebbe smorzare certi moti di incomprensione per le chiusure forzate ,come dire ti arrivano sempre inaspettate le cose che fanno paura e quando arrivano certe notizie ci cambiano e ci fanno capire cosa è importante per vivere , abbiamo la forza di accettare quasi sempre la nostra sorte ,la vera catastrofe è l’incertezza del futuro ,quella smonta anche le persone forti ,rode piano piano e ci fa veramente capire la nostra debolezza umana. .

    • Esatto, in effetti danno più fastidio le espressioni scomposte dei politicanti che le inevitabili scomodità della quarantena.
      L’incertezza del futuro è insopportabile perché lo si vorrebbe controllare, ma purtroppo (o per fortuna) non è possibile. La sensazione di impotenza in questo caso è bruciante, ma se accettata potrebbe essere salvifica.
      Gianografia n° 289 – PROSPETTIVA
      La certezza di farcela è sintomo di pazzia incurabile, e pure la speranza di farcela tradisce un ottimismo che mi è difficile condividere. L’aleatorietà del divenire è tale che persino la paura di non farcela è una posizione velleitaria.
      🙂

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