Dopo lunedì, prima di mercoledì

Saranno secoli che non mi capitava di guardare “Di Martedì”, quel polpettone dove sfilano in passerella i nuovi istrioni nazionalpopolari di matrice politicamente corretta.
Un tempo lì andavano di moda gli economisti circensi, i politici ruspanti di estrazione fortuita, gli insultatori a perdere, i vaticinanti senza futuro, i massimi pontefici della verità ufficiale rivelata e i fasulli liberi-indipendenti-laici-estranei.
Va da sé che a me quel tabarin mediatico risultava indigesto e insopportabile, un mero inquinamento ambientale e cerebrale, perciò me ne tenevo lontano quanto dai cibi surgelati, precotti, premasticati e predigeriti.
Così ieri, dopo una giornata durante la quale non ho potuto far molto di più che osservare la pioggia battente, ho pensato bene di chiudere in bellezza con un ultimo boccone sciapo e deprimente, autoinfliggendomi lo stesso Trattamento Ludovico al quale era stato sottoposto Alex in Arancia Meccanica.
Bene, argomenti nuovi, attori nuovi. Ora vanno per la maggiore gli epidemiologi, i virologi, i biologi, e chiunque abbia uno straccio di laurea in medicina e che abbia indossato un camice bianco almeno una volta nella vita.
Naturalmente non potevano mancare i dioscuri che sono complementari, il polemico e il bonario, l’allarmista e il saggio, l’ufficioso e l’ufficiale, e un cane da pastore che tiene unito il suo gregge (di qua e di là del teleschermo).
Di tutto quel bailamme di volti, opinioni, quesiti, raccomandazioni, promesse, contraddizioni, ne ho ricavato l’impressione di stare assistendo a uno spettacolo nel quale i partecipanti recitano seguendo un canovaccio, una sorta di sceneggiatura con tanto di dialoghi predefiniti, dei botta e risposta fasulli e studiati ad arte per tenere sospeso il telespettatore lungo un trama che non lo conduce da nessuna parte, ma che lo illude di essere stato adeguatamente informato.
Pur soffrendo io di un certo eccesso di ego, nel senso che non mi ritengo del tutto ottuso, mi ha sorpreso la totale mancanza di sorpresa, nel senso che già le domande risultavano prevedibili, ma le risposte erano più che scontate, ovvie e stereotipate, erano platealmente inutili. Ne ho ricavato l’impressione che, da una parte e dall’altra, ci si rivolgesse a dei minus habens.
Facciamo alcuni esempi.
La domanda delle cento pistole: “come mai il numero di contagiati scende ma non quello dei deceduti?”. Ma che cacchio di domanda è, c’è anche bisogno di spiegarlo? Sembra quasi un perfido suggerire che i dati ufficiali sono stati aggiustati ad arte per far vedere che con l’isolamento ci si infetta di meno, per giustificare le misure governative di isolamento.
Invece lo scopo è proprio all’opposto. L’esperto di turno si lancia in una saccente esposizione degli andamenti pandemici per motivare tale discronia tendenziale, una complicata spiegazione per dire che se metti la pentola sul fuoco acceso ci vorrà un po’ prima che l’acqua vada a bollire. La dovizia di termini specifici e l’autorità di chi li espone hanno il solo scopo di far credere che tutto va bene, e che tutti quei morti erano inevitabili (quando purtroppo non lo erano).
Anche i cosiddetti “giornalisti arrabbiati” non vanno oltre la polemica sterile e facilmente affrontabile dalla controparte, stanno lì per fare bella figura con i loro lettori, e si accontentano della pubblicità che ne ricavano, e la pubblicità, dovremmo saperlo bene, è mendace e menzognera.
Emblematica è la faccenda riguardante l’inzio delle vaccinazioni nel Regno Unito, emblema dell’efficienza sovranista rispetto all’indolenza europea che terminerà le sue valutazioni sulla sicurezza solamente il 29 Dicembre. A fronte di questo polverone, nessuno si è preso la briga di far osservare loro che nel Regno Unito sono arrivate solamente 200.000 dosi, per mezzo delle quali, considerando che ci vuole anche il richiamo del vaccino dopo un mese, si va proteggere meno del 2% della popolazione.

Ho difficoltà poi a comprendere perché una persona come Sergio Rizzo abbia prestato la sua figura come comparsa su quel palcoscenico di varietà (e ovvietà). Gli hanno indotto a chiedersi (non posso immaginare che sia il suo pensiero) se il vaccino sia la scelta migliore, se invece non fosse stato il caso che la pandemia facesse il suo corso e si esaurisse come già successo per eventi simili in passato.
La risposta che ha ricevuto dal luminare di turno è risultata dotta e ben circostanziata, esauriente anche se non esaustiva, comunque rassicurante nella forma e nella questione. Nessuno ci ha capito un granché, tranne che è meglio vaccinarsi.
La mia reazione sarebbe stata ben diversa, a Rizzo avrei chiesto a brutto muso se preferiva che, come nelle epidemie del passato, morisse la metà della popolazione, il che, se da un lato contribuirebbe a risolvere il problema del sovraccarico antropico sul pianeta, avrebbe comportato conseguenze economiche e sociali gravissime, rivolte e guerre, ferite profonde in grado di avvelenare la vita di molte generazioni a venire.
Mi azzardo a supporre che il giornalista di la Repubblica sia stato invitato lì per fare da contraltare ai giornalisti di destra che sgomitano per partecipare tali riviste di avanspettacolo, una sorta di par condicio quanto mai avvilente e inutile (anche se identificare la Repubblica con la sinistra è come pensare che la spuma sia un vino).
Non da meno è stata la Presidente del Museo Egizio, lì invitata a perorare la causa degli istituti di cultura ed espositivi penalizzati dai decreti governativi, compito che ha svolto con garbo e affabilità, senza nulla aggiungere al dibattito, ma che nel finale si è lanciata in una pesante invettiva contro i no vax. Il succo della frase era che se uno non vuole vaccinarsi è liberissimo di non farlo, ma se poi si ammala a causa del Cornonavirus non chieda di essere curato. Che altro dire, in cauda venenum.
Ebbene, a quanto pare in quei trenta secondi si sono verificati improvvisi, e per fortuna passeggeri, casi di ipoacusia, acufeni, anacusia e altre forme di sordità che hanno impedito a tutti i partecipanti di afferrare la gravità di quelle parole.
La mia insopprimibile dietrologia mi spinge a sospettare che una tale frase, buttata lì tra l’indifferenza generale, giusto al temine della partecipazione della Presidente del Museo Egizio, abbia avuto il chiaro scopo di andare a solleticare i gretti istinti di molti dei telespettatori. Infatti mi è capitato di incrociare questa opinione in altre occasioni, e sempre durante il dialogo con le stesse persone, quelle che vogliono l’uscita dall’Europa e il ritorno alla Lira, che mostrano le foto del complotto con le scie chimiche, che odiano gli immigrati irregolari perché ci rubano il lavoro e ci portano il virus, che trovano giusto non pagare tutte le tasse perché sono troppe, che ci vanno in automobile o non vanno da nessuna parte, che si nascondono dietro a una bandiera per fare i loro porci comodi, che danno sempre la colpa agli altri per la loro infelicità, e che non potendo, o non volendo, essere veramente liberi, non perdono occasione di negare la libertà agli altri.
Quel messaggio era diretto a loro, per generare un sotterraneo moto di empatia verso la “quella” persona di “quella” trasmissione che aveva mostrato del fegato dicendo pubblicamente ciò che loro pensano (pensano?) ma che non hanno i mezzi, o il coraggio, di esternare.
Mi aspettavo delle puntuali contestazioni, ovvero che seguendo quel ragionamento non si dovrebbero curare i tabagisti col tumore ai polmoni, il golosi col diabete, gli alcolisti con problemi al fegato, i sedentari con problemi cardiocircolatori, eccetera, fino a rifiutare le cure a chi, avendo tenuto una condotta di guida colpevolmente temeraria, è stato vittima di un incidente stradale.
Invece niente, silenzio assoluto.
Basta. Non voglio infierire oltre, e preferisco pure soprassedere sulla vetrina concessa a una figura discutibile (ag)giunta lì per presentare il suo inutile libro, vantando un’integrità che non appariva così inossidabile quando, da imbrattacarte, si trovò invischiata in faccende poco commendevoli.
Beh, dopo tutta questa tirata, immagino, o spero, che qualcuno si chieda quale sia la mia posizione sui vaccini.
Voglio essere diretto. Se potrò, se ci sarò, io mi vaccinerò senza esitazioni, non lo temo, al contrario temo la malattia, per me e per chi mi circonda.
Da piccolo contrassi l’influenza asiatica, una pandemia che fece milioni di vittime in un mondo che allora non era così interdipendente come oggi. Di quel contagio ne portai le conseguenze per più di un decennio, durante il quale il mio sviluppo psicofisico fu segnato irreversibilmente. Giammai vorrei oggi che per causa mia qualcun altro attraversi un tale calvario.
Per quanto riguarda la mia opinione sui vaccini in generale vi rimanderei a un post che scrissi tre anni fa su My3place intitolato “Sì, no, non so” (proprio così, il titolo è tutto un programma…).
Nella situazione attuale non mi aspetto che la vaccinazione diventi obbligatoria per tutti, almeno non in Italia, però potrebbe darsi che qualche nazione la imponga, e che quindi, qualora ci si voglia recare in quel paese, debba essere sempre disponibile una certificazione del SSN che attesti l’avvenuta profilassi.
Troverei comunque corretto a che tutto il personale medico e paramedico, dal primario al portantino, dal farmacista a chi sta allo sportello del CUP, venga prescritto il vaccino come condizione inderogabile per poter continuare a operare. Secondo me, sarebbe inaccettabile che le persone alle quali affidiamo in maniera diretta o indiretta la nostra malferma salute siano portatori di un virus in grado di attaccarci proprio quando siamo più deboli.
Qualora poi foste dell’opinione che il Coronavirus non esiste, che si tratta di una forma di dittatura sanitaria, di un controllo sociale tramite la paura e di un grosso favore all’industria farmaceutica, fate pure come volete, lasciate perdere il vaccino, ma anche tutte le altre indicazioni salutiste. Perciò dateci dentro con i superalcolici, con i sigari toscani, con i bomboloni alla crema, col sale dappertutto, con la carne alla brace, con le poltrone, i divani e le sdraio, con i lettini abbronzanti, e, mi raccomando, con le cozze crude.

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5 thoughts on “Dopo lunedì, prima di mercoledì

  • Credo, che, quando una trasmissione televisiva italiana invita un ospite, faccia sapere all’interessato, di cosa si parlerà, chi saranno i giornalisti presenti e come si evolverà la puntata , già con largo anticipo, aggiungiamo anche che ultimamente i discorsi sono piuttosto ripetitivi, dando ai vari ospiti già una via d’uscita preparata a monte. I giornalisti “arrabbiati” in Italia ne esistono veramente pochissimi, il restante sono carne da cannone mandata dalle varie direzioni di testate giornalistiche, con il solo scopo di mantenere viva la brace…

  • Detto benissimo. Guardo alle volte uno spezzone di Di Martedì, o altre trasmissioni analoghe, e ne ricavo la stessa impressione di non avere nessuna risposta. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Sono d’accordo anche sui vaccini: nessun obbligo, ma se vuoi fare certe cose, ti vaccini. Nei ristoranti, nei luoghi pubblici, vorrei lo spazio chiuso “non vaccinati”, come per i fumatori oggi

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